L’Heydar Aliyev Center di Baku è un edificio che esprime, nella sua architettura, tutta la sensibilità e la diversità della cultura azera.
È stato progettato da Zaha Hadid ed ha al suo interno un’area calpestabile di ben 101.801 mq, il colore dominante è il bianco ed il punto più alto della costruzione raggiunge circa 75 m. Per la sua costruzione sono stati utilizzati ben 90 km di rete metallica solamente per il tetto, che è formato da 12.027 pannelli di varie forme: triangoli, trapezi, rettangoli, uniti per ricoprire una superficie di 40.000 mq.
È un luogo destinato ad ospitare vari programmi culturali, il suo design si distanzia molto da quello rigido e monumentale dell’architettura sovietica presente in questa città. Un design fluido, fatto di ondulazioni e pieghe che stabilisce una relazione di continuità tra la piazza e l’interno dell’edificio. Il risultato è un paesaggio architettonico che accoglie, abbraccia e indirizza i visitatori durante la loro visita e supera la convenzionale differenza tra architettura e paesaggio, tra interno ed esterno. Chi ha già fatto un viaggio in Azerbaigian sa che la fluidità dell’architettura non è una novità per la cultura di questi luoghi. La continuità è una costante: dalla scrittura calligrafica agli schemi dell’architettura islamica, dai tappeti ai muri, ai soffitti, alle cupole. Qui esiste una relazione senza interruzioni e distinzioni tra elementi di architettura ed il posto in cui sorgono, è evidente anche l’interpretazione contemporanea dell’iconografia del passato.
Il progetto “A Doll’s House” é ispirato alla casa delle bambole che Edwin Lutyens costruì per la British Empire Exhibition di Wimbledon, nel 1922, per mostrare il meglio dell’architettura britannica moderna e del design di interni, in un giocattolo.
Con questo progetto alcuni tra gli architetti e i designer più noti al mondo, da Zaha Hadid a Guy Hollaway, si sono cimentati nel progettare case per bambole. Pezzi unici che non arriveranno mai nei negozi di giocattoli ma andranno all’asta l’11 novembre da Bonhams a Londra per raccogliere fondi in favore di KIDS, un’associazione inglese che sostiene i bambini disabili e le loro famiglie.
A questi 20 architetti è stato chiesto di includere in ogni casa progettata un elemento che può rendere più facile la vita di un bambino disabile. Il design è a volte giocoso, a volte astratto e metaforico, altre volte pratico ed innovativo. Sono case per bambole con un carattere insolito, bizzarro, fatte di pezzi che si montano e si smontano come in un puzzle, oppure sono fatte da elementi più ingegneristici e modulari, combinabili e poi richiusi in una pratica e sottile valigetta.
Fare un viaggio in Slovenia tra design e architettura è un’esperienza interessante. A Lubiana le collezioni di oggetti storici si trovano al Museo di Architettura e Design. Il design sloveno contemporaneo è dinamico, spazia in molti settori e vanta un’ampia produzione di oggetti degni di nota. Dalla Kawasaki ZX-10R di Igor Akrapovic alla collezione di sedie di Project27 con Rok Kuhar e Katjuša Kranjc per Stol & Stol e poi la Holey Rocket, la stufa alimentata a biomassa di Rok Oblat. Lubiana è anche la città che è stata modellata dall’architetto Jože Ple?nik, che l’ha personalizzata con numerose opere e le ha dato quel carattere eclettico che possiamo ammirare oggi.
Per un ideale soggiorno nella capitale slovena si può scegliere l’Hotel Nox, nuovo ed insolito. La giusta combinazione tra architettura moderna e uso di materiali locali come legno di quercia mescolato a cemento e metallo. L’esterno dell’edificio ha una facciata che ricorda le poltrone Chesterfield, questo motivo lo si trova anche all’interno, ad esempio alla reception. Progettato dallo studio Nimo, ha coinvolto molti famosi architetti e designers sloveni che in tutta libertà creativa hanno disegnato le 24 stanze, ovvero le 24 esperienze di questo nuovissimo edificio.
Ogni stanza è unica, ha un proprio nome e colore ed un arredamento personalizzato. Si può scegliere di dormire in un ambiente minimal o in iperdecorato e quasi barocco. C’è anche una stanza in bianco candido e sfumature color champagne, una stanza di ferro, dove tutto è fatto di metallo. Un stanza senza tempo che combina stile vintage e stile moderno. I bagni hanno pareti quasi completamente in vetro che possono essere oscurate con tende opache o porte scorrevoli in legno e forniscono all’ambiente maggiore profondità e luminosità.
1365 pezzi di compensato appositamente tagliato e formato per creare l’impressione di essere all’interno di un sacchetto stropicciato di chicchi di caffè. Siamo a Pristina e lo studio di architettura Innarch ha concependo gli interni di una catena di bar marchiati, Doncafé, dove si può bere lo storico caffè kosovaro, e una sperimentare una degustazioni di prodotti locali e particolari combinazioni con il caffè.
Qui, spiccano principalmente le ingegnose forme organiche delle pareti in compensato, i colori tenui di una tavolozza limitata come predominante il marrone chiaro tipo sacco di iuta e i lampadari allineati asimmetricamente, dove la luce è ingabbiata da un sottile fastello di legno per dar l’idea di vedere dei chicchi di caffè svolazzare. Lo spazio del bar ha dei pilastri centrali che sembrano scomparire nell’insieme perché rivestiti con tessuti di sacco per caffè e alcune sedute sono ricavate dalla parte inferiore delle pareti; elemento originale con un ruolo funzionale e decorativo importante.
Progettata su misura, la Keret House è la casa più stretta del mondo. Architettura essenziale, costruita su una struttura metallica portante, firmata da Jakub Szczesny.
È una costruzione di soli 14,5 mq, misura appena 92 cm nella parte più stretta e 152 in quella più larga. Un vero must per chi fa un viaggio in Polonia, visitabile nella zona del ghetto di Varsavia. L’abitazione è letteralmente incastrata tra due edifici di epoche diverse, in sezione si sviluppa a triangolo rettangolo con una grandezza di 11 m per lato. Spazio funzionale, basato su un’architettura essenziale e dal design attuale, un luogo adatto per vivere e creare. La costruzione è proiettata in verticale su due piani, quello inferiore di 10 mq per la zona giorno, con bagno, cucina e spazio relax; quello superiore di soli 4 mq è occupato da una camera da letto con studiolo. La scala d’ingresso è a scomparsa controllabile a telecomando. Tra i materiali utilizzati per realizzare questa insolita architettura urbana, il policarbonato trasparente spesso 2 cm utilizzato per il soffitto, materiale plastico color latte per la facciata, vetro per le porte scorrevoli, lamiera metallica per la scaletta d’accesso. Predominanza dei colori chiari, che rendono l’atmosfera interna meno ristretta di quanto si pensi.
Alla base del progetto c’è un’idea culturale forte, l’architettura di questo minuscolo edificio sembra ricucire due pezzi della città come se fossero le due parti di una ferita. Una casa dal design moderno che colma un vuoto tra due edifici, tra due epoche, tra due aspetti del passato di questa città e sorprende i viaggiatori che arrivano in Polonia per visitarla.
Progetto degli architetti NEXT il ponte Melkweg è il collegamento tra il centro storico e il nuovo quartiere cittadino, nato dal masterplan ‘De Kanaalsprong’ a Purmerend nei Paesi Bassi.
La parte più suggestiva del ponte è proprio la sua architettura: un arco massiccio in acciaio di ben 85 tonnellate, che raggiunge i 48 m di ampiezza e i 12 m d’altezza dal livello dell’acqua, e che si staglia sopra ad una linea continua dedicata ai ciclo-motori lunga 100 m, la quale è congiunta a sua volta alla strada principale Melkweg che porta al centro storico.
L’alta vetta, raggiungibile dopo 130 gradini, è ormai un’attrazione, perché offre ai pedoni una vista incredibile sulla città. Il design permette di mantenere l’apertura spaziale del canale e dei suoi dintorni, perché entrambe le sezioni cioè ponte e flusso si combinano l’uno nell’altro formando un tutto. Un’unità rafforzata dalla continuità di materiali e colori e in particolar modo dai LED che ne delineano i bordi garantendo un effetto spettacolare soprattutto dopo il tramonto.
1600 mq di magazzino è la sede del Base Camp Hostel di Bonn, primo ostello al mondo che utilizza le roulotte da campeggio come suite.
A seconda di come la si guarda, questa potrebbe essere la più stravagante e la più bella cosa mai architettata nel mondo dell’hospitality. Un “campeggio al coperto” con 15 camper d’epoca prenotabili solo online dal sito ufficiale, al momento solo in tedesco, con prezzi che vanno dai 25 € ai 75 € per notte a seconda dei gusti e delle disponibilità.
“L’ostello più incredibile che abbia mai visto!” Ha scritto un cliente su Hostelworld “Vale la pena organizzare un viaggio a Bonn solo per soggiornarvi”. Provare per credere.
Lo skyline di Londra conquista uno dei giochi più popolari al mondo, gli scacchi.
Un bel colpo per chi è appassionato di architettura, design e del famoso gioco.
I designer Ian Flood e Chris Prosser hanno creato una scacchiera in cui i le pedine sono rappresentate dai monumenti principali della metropoli londinese. Hanno trasformato ogni pezzo degli scacchi tenendo conto sia della loro forma che del valore di ogni pezzo. Il risultato è un set creato con una stampante 3D in cui il pedone è stato tramutato nella tipica casa inglese a schiera, la torre in Big Ben, l’alfiere nel noto edificio 30 St. Mary Axe di Norman Foster, meglio conosciuto come “il cetriolo” e il cavallo è stato sostituito dalla ruota panoramica The London Eye. Infine, i due più imponenti edifici di Londra sono stati trasformati in regina e re: The Shard di Renzo Piano e il simbolo di Canary Wharf.
Si tratta ancora di un prototipo, accompagnato però da una campagna di crowdfounding attraverso il sito Kickstarter, dal quale si può acquistarlo a partire da $75. L’idea dei due designer è quella di replicare su altre città del mondo, così che gli appassionati potranno sfidarsi e fare viaggi tra design, architettura e luoghi famosi, da Londra a Parigi, da New York a Roma, da Dubai a Shanghai…
Stiamo parlando della rassegna internazionale sui migliori film e documentari dedicati all’architettura e al design, da oggi fino a domenica 6 ottobre presso il cinema Apollo, in programma per l’edizione zero del Milano Design Film Festival. Una kermesse speciale arricchita da dibattiti ed eventi collaterali con la partecipazione di designer, archistar, produttori, registi, critici, docenti, studenti ed esperti provenienti dall’Italia e da tutto il mondo. Grazie agli organizzatori – Antonella Dedini, fondatrice di MiCue Milano Design, e la fondazione americana no profit Design Onscreen, con il Patrocinio del Comune di Milano – e agli sponsor, l’evento è aperto al pubblico gratuitamente.
Un’occasione per un viaggio verso Milano che forse potrebbe dare in mano a molte persone la possibilità di conoscere il significato di progettare una casa, ripensare un’area urbana o disegnare persino una sedia e andare oltre al semplice montaggio di un mobile Ikea.
Quello che colpisce immediatamente di questo istituto universitario situato nel deserto del Marocco è sicuramente il colore che richiama quello della sabbia, delle architetture locali e ben si fonde con il paesaggio.
L’edificio, progettato da tre architetti locali Saad El Kabbaj, Driss Kettani e Mohamed Amine Siana, utilizza la ripetizione di semplici moduli geometrici e di pieni per vuoti. Le forme geometriche giocano con le ombre proiettate dalla luce del deserto. Ma non è solo un esercizio estetico; tutto risponde a dei criteri funzionali e di utilizzo. L’impiego di gronde aggettanti, di persiane e spazi esterni coperti sono progettati per proteggersi dal sole del deserto.
Il campus comprende una serie di edifici in cemento, che ospitano finestre che si proiettano all’esterno. Molte delle aule sono collocate nel lato ovest mentre i laboratori occupano una fila di blocchi sul lato est. Oltre alle aule e ai laboratori è stato costruito un anfiteatro, locali per l’amministrazione, una biblioteca, uffici per i docenti ed abitazioni per lo staff. I vari edifici del complesso sono organizzati attorno ad un’asse di distribuzione nord/sud in parte coperta, accostati a “L” per originare giardini interni. Per i progettisti l’obiettivo era costruire un’architettura contemporanea ma che traesse origine dal contesto.
Foto di Fernando Guerra.