Quinta significa fattoria. E Quinta do Vallado a Peso de Regua, in Portogallo, deriva da antiche discendenze. Oggi se ne conta la sesta, da quando Antonia Adelaide Ferreira, pioniera businesswoman dell’Ottocento portoghese, ristruttura l’azienda vinicola di famiglia, con un programma di investimenti per sofisticati sistemi di vinficazione, tra i più avanzati dell’epoca, importati direttamente dall’Inghilterra. João Ferreira Álvares Ribeiro è il pioniere di oggi e il suo progetto culturale per Quinta do Vallado lo dimostra appieno: laddove c’era la cantina, oggi c’è la Winery, estensione realizzata nel 2007; alla vecchia casa colonica, oggi c’è accanto il Winery Hotel, inaugurato lo scorso marzo. Fabrica e relax insieme: da una parte la passione (e la fatica) di produrre buon vino, dall’altra il modo migliore per gustare vino e tempo libero. “I due filoni legati al vino – la produzione e il tempo libero – sono trattati in un unico progetto con un linguaggio distintivo e contemporaneo”.
Il carattere discreto, semi-ipogeo della cantina ritorna nel progetto dell’hotel. Il paesaggio è celebrato al massimo della sua bellezza (luogo da cui guardare e panorama che si lascia osservare), come in una forma di gratitudine, per aver generato i vitigni ed aver accolto la storia stessa della famiglia Ferreira. In quel punto si incontrano due fiumi: il Corgo e il Douro; hotel e cantina si affacciano sul Corgo dai terrazzamenti che tagliano la collina verso valle.
I volumi sono pensati come la rappresentazione scultorea di quelle terrazze: ci si incastrano dentro e le traducono in massicci volumi di pietra grigia. Le qualità sensoriali delle superfici diventano il mezzo per comunicare al tatto l’ambiente naturale in cui ci si trova. Le linee dell’impianto seguono le regole del terreno, senza mai abbandonarle, anzi utilizzandole come occasioni per disassamenti prospettici sapienti che tagliano scorci inaspettati verso valle, o creano insospettabili percorsi/cortile lineari, sul retro, a contatto con la scarpa del declivio. I tetti sono piazze o strade che proiettano lontano lo sguardo. Nessuna concessione ad articolazioni di forma gratuite o modanature d’ornamento, il linguaggio contemporaneo dei volumi puri, netti in ogni spigolo, dichiara nella propria artificialità, la volontà di comporre l’azione dell’uomo nella natura, nell’ambiente riconosciuto come dominio assoluto.
“Su questa relazione, tra ciò che esiste e ciò che non esiste, tra gli edifici e la topografia, si trova la tensione del progetto, il rapporto conflittuale tra due realtà, tra due geometrie: della natura e della architettura”.
Autore: Emilia Antonia De Vivo.
Questo fine settimana a Roma c’è Open House, organizzato dall’Ass. Open City Roma. Primo appuntamento in Italia di un’iniziativa nata a Londra, il Open House Worldwide.
L’evento è aperto al pubblico con visite guidate a piedi o in bici e gratuite alla scoperta della Città Eterna e, con l’eccezionale partecipazione di celebri progettisti, che per l’occasione guideranno personalmente alcune visite.
Il programma è sia cartaceo che virtuale, grazie ad un’applicazione smartphone.
Più di 140.000 visitatori e centinaia di installazioni luminose hanno animato le notti di Francoforte. Dal 15 al 20 aprile, Luminale 2012 – Biennale of Lighting Culture – ha trasformato una città in un’esplosione di colori. Ovunque, installazioni luminose che avevano per tema la Luce e in concomitanza, non a caso, il Light + Building, la fiera internazionale dell’illuminotecnica.
Il tutto tra sogno ad occhi aperti e vetrina urbana dell’innovazione: un momento di interazione sociale tra i luoghi e i soggetti che li attraversano, dove in mezzo c’è il dialogo della luce in tutte le sue accezioni e differenti espressioni, da quelle più elementari e consuete, come il fuoco, le ombre, fino agli ultimi ritrovati della tecnica, come i LED organici.
Sorprendente è stata l’opera Time Drifts, dell’artista berlinese Philipp Geist, che ha esplorato il contrasto tra volatilità del tempo e delle parole a fisicità delle cose.
Con la guida del loro “istruttore” Matthias Hollwich, gli studenti Andreas Tjeldflaat e Greg Knobloch della Wharton School of University of Pennsylvania – Facoltà di Design hanno proposto un progetto alternativo e rivoluzionario all’impostazione architettonica di carcere tradizionale, negli Stati Uniti.
499.SUMMIT è il risultato di uno sguardo critico focalizzato su di un grattacielo urbano penitenziario: tre torri a forma di arco che si intersecano in verticale, offrendo e sviluppando una soluzione di aiuto ai detenuti per una transizione di successo al rientro nella società.
Mentre la letteratura recente inizia a mettere in discussione l’impatto sociologico delle carceri, causa la difficile gestione del sistema carcerario americano, il progetto di questi due studenti potrebbe essere una risposta e un incentivo per una richiesta sempre più disperata di innovazione e re-immaginazione del “detenuto”.
Blade Runner non è solo un film ma una forma d’ispirazione ad un’architettura reale e possibile per il prossimo futuro, così è stato per il giovane architetto egiziano Ahmed Elseyofi di IAMZ design studio.
10.000 mq di grattacielo concettuale per unità residenziali a New York, dal nome un po’ poetico e fantascientifico “World of chlorophyll“. In imitazione alla natura, l’idea è che le abitazioni individuali assumono la forma di singole foglie, derivate dalla colonna centrale come per una pianta.
Neanche a dirlo, lo studio è focalizzato per che il tutto sia fatto in modo da implementare le considerazioni sull’impatto ambientale con caratteristiche di ventilazione naturale e penetrazione della luce solare con illuminazione diretta, come la clorofilla fa nella pianta per fotosintesi.
Stazione Wiroa è una sala per la degustazione del vino esclusiva per i residenti di Bay of Islands, progettata dagli MAP Architects. Una piattaforma inserita sulla collina e nelle vicinanze di una piccola lingua di spiaggia nel lontano nord della Nuova Zelanda.
Il design adotta un approccio minimalista, in quanto è costituito da muri di cemento per lo più non trattati e il pavimento in legno. Un lungo tavolo offre spazi per il vino e un muro di cemento per l’assortimento di bottiglie. La parete di fronte all’oceano è lasciato completamente aperto (o vetrato), consentendo ai visitatori di sperimentare il pieno effetto dell’ambiente.
Un progetto di 25m2 che ha utilizzando il vernacolo locale dei bunker di guerra costieri da intendersi a migliorare la fruizione dell’ambiente con la degustazione in tutto relax di vini.
Poto @ Brian Cully.
Progettato dall’architetto brasiliano Isay Weinfeld, il Square Nine Hotel di Belgrado, in 5 anni e con più di 30 milioni di euro si è trasformato da brutto anatroccolo ad un bellissimo cigno. Situato nel quartiere storico della città, è il primo world-class hotel di lusso dagli interni sofisticati e dai dettagli maniacalmente rifiniti così come dall’impeccabile servizio.
Luogo ideale per viaggiatori d’affari e di piacere che vogliono sperimentare un servizio incomparabile e dove il personale fa sentire tutti come ‘benvenuti‘. La grande lobby è arredata da una notevole collezione di mobili d’epoca in stile danese moderno risalente dal 1930 al 1960, che ha richiesto tre anni di ricerche, più tappeti intessuti a mano, foto bianco e nero, che aggiungono una buona dose nostalgica dei tempi passati.
45 eleganti camere da letto di cui 15 sono suite da 90 mq che occupano cinque piani dell’edificio e ognuna con pavimenti in legno Cumaru originale, pietra calcarea portoghese, coperte in cashmere, biancheria Pratesi e articoli da bagno firmati Hermes.
Hotel Madera, nome “spagnoleggiante” che lascia poco spazio ai dubbi, è il primo progetto in Asia dei La Granja, studio di design con sede a Barcellona.
Un’oasi di calma e calore Mediterraneo nel trambusto cittadino su quattro piani di nuova costruzione a Kowloon, un quartiere di Hong Kong e, probabilmente, il luogo con la più alta densità di popolazione del pianeta.
Nove suites uniche e inconfondibili 100% Lagranja, full optional realizzati in esclusiva: comodini ricavati da tronchi di quercia, cucchiai di legno intagliati a mano come elemento decorativo e feticcio in dono per gli ospiti, pareti per i corridoi con grandi lampade, una palestra, il tutto per un luogo dall’atmosfera serena e amichevole, al tempo stesso contemporaneo e classico con innesti asiatici e latini insieme.
Comunicarch, studio torinese specializzato nella comunicazione dell’architettura, da quest’anno propone una serie di itinerari di architettura contemporanea a Torino e dintorni:
Torino contemporanea: 1990-2012
A partire dal Piano regolatore di Vittorio Gregotti (1995), Torino è diventata città-laboratorio della ricostruzione post-industriale. Le direttici del cambiamento sono molteplici, ancora in corso, e stanno lasciando importanti segni sul territorio: il grande attraversamento nord-sud che riqualifica le aree circostanti (le 4 «Spine»), le Olimpiadi invernali del 2006 e le celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia sono solo alcuni degli elementi di questa stagione di grandi cambiamenti.
L’itinerario propone i luoghi più significativi della nuova Torino.
Partendo dalla zona ex industriale di trasformazione a nord, con Parco Dora (Latz+Partner, 2011) e i suoi dintorni (con la Chiesa del Santo Volto di Mario Botta, 2006, e l’Envy Park di Emilio Ambasz, 2005), si scende verso il centro città passando per il Cineporto (Baietto, Battiato, Bianco, 2008) e la nuova sede delle facoltà di Scienze politiche e Giurisprudenza (Foster&partners, Maire Engineering, Camerana and partners, 2012). Poi, il nuovo Museo del Cinema nella Mole Antonelliana (François Confino, 2000) e l’area di trasformazione nel centro della città, con la stazione Alta Velocità di Porta Susa (Arep e Silvio D’Ascia, 2012) e il grattacielo Intesa San Paolo (Renzo Piano, in costruzione). Passando per Spina centrale (Vittorio Gregotti, 2001), si arriva alle principali opere olimpiche (2006): il Palasport (Arata Isozaki), l’area internazionale presso gli ex mercati generali (Camerana&partners, Steidle, Diener&Diener), l’arco (Hugh Dutton Associés) e l’Oval (Hok). Da qui il passato industriale cittadino si riallaccia nuovamente con il futuro: il recupero della ex Carpano con la prima sede nazionale di Eataly (Negozio Blu, 2007), il complesso del Lingotto con la Pinacoteca Gianni e Marella Agnelli (Renzo Piano, 2002) e, più a sud, l’appena rinnovato Museo dell’automobile (Cino Zucchi, 2011).
Itinerario «Pier Luigi Nervi» (Storico in una News di VdA)
Il progettista dell’opera simbolo del centenario dell’Unità d’Italia a Torino che, dopo Roma, è la città che ospita il maggior numero di edifici dell’ingegnere costruttore romano (1891-1979). Dal Palazzo del Lavoro (1961), l’itinerario conduce a ritroso alla scoperta della straordinaria, e notissima, volta in ferrocemento realizzata nel 1948 a Torino Esposizioni per il Salone dell’Automobile, e all’adiacente, e successivo, Padiglione C (1950), fino alle Officine di manutenzione dell’Azienda Tranviaria Municipale (1954), progettate e costruite con la sua impresa. Il tutto inquadrato nel contesto della storia cittadina, italiana e nella biografia, internazionale, del progettista.
Itinerario «Carlo Mollino»
Il poliedrico architetto e designer torinese (1905-1973) nella sua città prediletta. Tra progetti, disegni e realizzazioni, un Mollino a tutto tondo. Dal sorprendente dancing Lutrario Le Roi (1960) alle ultime opere pubbliche, l’avveniristico Palazzo degli Affari della Camera di Commercio (1973) e il raffinato Teatro Regio (1973). Il tutto, con la possibilità di partire da un’inedita chicca: la visita all’unico, e solo, archivio dello studio, che, tra fotografie originali e bellissimi disegni autografi, permette di inquadrare l’architetto e il suo complesso modo di lavorare.
La visita è estensibile alle architetture alpine molliniane, in provincia di Torino (slittovia al Lago Nero a Sauze d’Oulx, 1947) e in Valle d’Aosta (Casa del Sole a Cervinia, 1953, e la ricostruzione di Casa Capriata a Gressoney St. Jean, progettata nel 1953 e mai realizzata). Ad Aosta è anche possibile vedere la casa ad alloggi di viale Maternità (1953).
Augmented Reality è il primo francobollo al mondo di architettura portatile in 3D. L’Architecture Institute (NAI) ha presentato un sito dove è possibile utilizzare dei sigilli speciali come francobolli per la visione via webcam di modelli in 3D di edifici totalmente virtuali.
Il titolare di uno di questi francobolli ha la possibilità di dar letteralmente vita a degli edifici sul palmo della propria mano.
Il progetto di cooperazione con il servizio postale olandese e l’agenzia pubblicitaria Gummo, è finalizzato a presentare al pubblico l’architettura del futuro, nonché esempio perfetto di come la tecnologia può aiutare a superare i problemi di budget, logistica o altro in modi nuovi ed inaspettati.