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Panama | Biomuseo di Frank Gehry

L’archistar canadese, Frank Gehry è agli ultimi ritocchi per il suo primo edificio in America Latina il Biomuseo di Panama.

Andando sul sito del museo, un banner ci avverte che già numerose star stanno visitando il cantiere da Brad Pitt, Al Gore, Jane Goodall ad Angelina Jolie. Il progetto finanziato dalla Fondazione Amador, che si avvale della consulenza scientifica dell’università di Panama e dello Smithsonian Institute, è decisamente ambizioso tant’è che è stato commissionato a un archistar dal calibro di Frank Gehry la cui moglie è panamense.

Questo museo sarà il primo museo scientifico realizzato nel XXI sec. e Gehry ha chiamato a collabore con lui un altro celebre canadese, il grafico designer Bruce Maufamoso tra le altre cose per aver curato la grafica del libro S M L XL– che si occuperà del design espositivo. Posizionato in prossimità dell’inizio del Canale di Panama, il Biomuseo è una composizione asimmetrica di volumi colorati e diversi tra loro che si sviluppa su tre livelli e ha una superficie di 4000 mq. La struttura portante è costituita da colonne di cemento da cui si dipartono dei rami di acciaio che sostengono le colorate coperture metalliche.

Il museo racconterà la storia della formazione dell’istmo di Panama e la straordinaria biodiversità presente in quel luogo. Sono state realizzate 8 gallerie permanenti, ognuna dedicata ad un tema con al centro una scultura o una ricostruzione; un oggetto che si pone alla congiuntura tra arte e scienza allo scopo di evocare sorpresa e curiosità nello spettatore. Il museo è stato progettato per catturare l’attenzione di diversi tipi di spettatori. Il lettering grande e sintetico, gli esempi ad effetto, postazioni interattive sono state studiate per catturare l’attenzione dello spettatore più distratto mentre per il visitatore più attento che vuole approfondire gli strumenti non mancano.

Ci sarà anche uno spazio dedicato agli allestimenti temporanei, una caffetteria, un negozi e un giardino botanico progettato dalla famosa paesaggista nordamericana, Edwina Von Gal: 287 varietà botaniche in una superficie di 2 ettari. Due grandi acquari accoglieranno le disparate specie acquatiche dei Caraibi e del Pacifico, e inoltre ci sarà il ‘panamarama’, un’area coperta dotata di 16 schermi che proietteranno la storia del luogo in digitale, offrendo ai visitatori anche un racconto audiovisivo. I tetti colorati dell’edificio saranno visibili per chi attraversa il canale di Panama; ma l’operazione di lancio non finisce qui, perchè anche gli aerei di linea panamense avranno un design che rimanda ai tetti colorati dell’iconico edificio.

Londra | Doodle Bar di Will Alsop

Scarabocchiare su di una lavagna è decisamente un bel ricordo ed un inappagato desiderio che persiste nel nostro inconscio di adulti. E come si dice: l’occasione rende l’uomo più felice… Qui, al Doodle Bar, in un vittoriano edificio di rara bellezza sulle rive del Tamigi, le pareti interne sono rivestite di lavagna nera, dove è consentito lasciare un messaggio, un disegno, anzi, non si può entrare senza aver fatto la scorta di gessetti bianchi o colorati.

Uno spazio rinnovato dallo studio di architettura Will Alsop, che ha conservato il suo fascino di undustrial della sua vita precedente come un diario antico che si espone attraverso le sue piastrelle originali e il connubio del contemporary in associato ai Street Kitchen, parcheggiati al di fuori del bar che offrono deliziosi piatti di provenienza locale.

Un luogo gestito dalla comunità artistica di Battersea, come pop-up d’arte contemporanea permanente con piante afrodisiache ed architetture commestibili per trarre ispirazioni grazie ad incontri tra creativi fissati ogni mese, dove non c’è bisogno di prendere appunti su un notebook o iPad, perché è il bar la tua tela.

Hong Kong | West Kowloon di Foster+Partners

È la notizia del momento… 40 ettari, 17 centri di cultura tra teatri e musei, € 2 miliardi d’investimento iniziale da parte del governo cinese per il nuovo distretto culturale ad Hong Kong da svilupparsi in pieno centro sulla zona pedonale di Victoria Harbours.

Il West Kowloon District, tra cultura e sostenibilità, nei prossimi dieci anni cambierà il volto alla città. Il masterplan, affidato alla celebre “penna” di Foster+Partners dopo un concorso indetto nel 2008 dalla West Kowloon Cultural District Authority, in cui avevano partecipato ben 109 studi di architettura di tutto il mondo, propone un grande City Park di 23 ettari con importanti strutture dedicate alla musica, le arti rappresentative e visive ma anche per il lavoro e la residenza, tutte con viste spettacolari verso lo skyline dell’isola di Central e verso il porto. La particolarità è data anche dal fatto che ogni spazio all’interno dell’ambizioso progetto di urban style sarà curato da uno studio di progettazione diverso. È l’esempio del Museo d’Arte Contemporanea M+, al quale stanno partecipando per la progettazione archistar dal calibro di Toyo Ito, Snøhetta, Renzo Piano, per citarne alcuni.

Anche Art Basel ha puntato gli occhi sull’oriente, che dopo aver acquistato il 60% della Hong Kong Art Fair e fondato il concetto di fiera d’arte come brand, ha trovato dopo Basilea e Miami, proprio qui, al Convention and Exhibition Center, la sua terza sede con 245 espositori da tutto il mondo e più di 2.000 artisti. Secondo il 38enne Direttore della fiera, Magnus Renfrew, il mercato mondiale dell’arte e la globalizzazione estetica si sta sempre più indirizzando verso l’oriente e Hong Kong con i suoi 7 milioni e mezzo di residenti sta semplicemente ampliando il suo pubblico, che ogni anno arriva a toccare i 50 milioni solo di visitatori. Non è un caso che Hong Kong per la sua storia è una città ben distinta dagli altri centri della Cina e soprattutto abituata a guardare avanti e oggi più che mai punta a divenire un hub di riferimento non solo commerciale ma anche critico, estetico e museale.

Guangzhou | The New Original di Droog Design

Il collettivo olandese Droog Design, sempre un passo avanti agli altri, ha deciso di capovolgere il concetto di pirateria in Cina, organizzando una mostra con il Today Art Museum di Pechino e l’Oct Art and Design Gallery di Shenzen e le loro copie di oggetti cinesi nel Hi space, zhen Jia shopping, centro commerciale di Guangzhou.

Mentre le compagnie cinesi e il governo lottano per estirpare la loro fama oramai largamente consolidata di imitatori (tema già affrontato da VdA), il progetto di Droog Design dal nome significativo The New Original suggerisce che il processo di imitazione può andare oltre la mera replica nel momento in cui vengono messi in atto dei piccoli adattamenti che possono rappresentare un elemento di innovazione per quegli stessi oggetti copiati.

Gli oggetti in mostra includono una tradizionale teiera cinese con un manico più robusto e un ristorante cinese all’interno di una vasca per pesci. In totale saranno 26 gli oggetti in mostra che sono stati creati a Shenzen -che Droog ha soprannominato l’epicentro della cultura dell’imitazione- nell’ambito di un workshop organizzato dal Droog Lab. Tra i designers che vi hanno preso parte ci sono Richard Hutten, Ed Annink, Stanley Wong e Urbanus. La Direttrice e cofondatrice di Droog Renny Ramakers ha dichiarato in una recente intervista che si è raggiunto un livello tale di saturazione nel design e nel mercato che è tempo di pensare a come utilizzare tutto questo surplus e usarlo nella progettazione, e che in un certo senso l’imitazione può anche essere vista come ispirazione.

Marsiglia | The Carrosserie

Dal sito MyLittleMarseille evidenziamo un originale loft di coworking, mostre, brunch ed eventi denominato The Carrosserie.

Ambienti caldi e luminosi per quello che un tempo era un’officina per auto. 230m2 con soppalco, travi a vista, piastrelle in vetro, cemento grezzo ed un altissimo soffitto con arredamento minimal e di redesign, tutto nel segno della condivisione d’idee, di espansione della propria rete di conoscenze e luogo di carattere dove ricevere i propri clienti.

Spazio che accoglie lo scambio di pensieri e progetti, dove giornalisti, avvocati, studenti, designer, grafici o architetti hanno il modo di potersi esprimere e confrontarsi. Un ufficio-casa nato dall’estro creativo dei suoi fondatori Christopher e Claire, che affermano ironicamente: “Io lavoro quando voglio, dove voglio” e “Io lavoro tutto il tempo, da solo, sul divano del mio salotto.”

Barcellona | Frankfurt Station di Denis & von Arend

Il nome potrebbe trarre in inganno e anche l’aspetto, ma il ristorante Frankfurt Station si trova a Barcellona ed è stato progettato da Daniel Perez e Felipe Araujo dello studio Denys & von Arend.

Inaugurato pochi giorni fa (3 maggio), il ristorante si ispira ai classici dinner americani degli anni ’50. Infatti, ritroviamo pareti piastrellate e superfici di metallo e in parte – la forma allungata del locale si prestava a questa analogia – si ispira a un vagone ferroviario. Nella sala da pranzo i clienti siedono come su una carrozza di un treno: due file di sedili uno di fronte all’altro con il tavolino in mezzo. Le classiche piastrelle di cermaica 10×10 sono di una tonalità verde che ricorda una piscina. E così nei bagni, dove si alternano i colori giallo e bianco. Il pavimento è in ceramica effetto legno. I muri, dove non ci sono le piastrelle, e il soffitto sono in grigio scuro.

Lo sfondo scuro è punteggiato da lampade industriali per rafforzare l’effetto stazione ferroviaria. Ci sono numerose immagini tra tipografia e pittogrammi alle pareti, così come l’insegna frontale del ristorante, i menù, la segnaletica interna e anche il lettering dei cartelli con gli orari di apertura; tutto parte da un’immagine coordinata chiara e riconoscibile.

Roma | ArchitectsParty di Towant

ArchitectsParty, l’evento organizzato da Towant, di cui VdA è EventPartner, è giunto al secondo appuntamento dopo quello torinese.

Dal 6 al 10 maggio prossimo, a Roma, seguendo il format di Towant, negli studi di architettura di Agape, Arclinea, Corà Legnami, Dornbracht, Essequattro + nero3, Gaggenau, Kaldewei, Luceplan, Moroso, Stone Italiana e Tubes sono in programma aperitivi e attività di networking per scambiarsi idee su progetti e soluzioni.

Architetti, designer, giornalisti di settore, personale delle aziende partner, in un’atmosfera informale e semplice entreranno in contatto e relazione, in una specie di contaminazione creativa tra professionisti in relax.

Ecco le immagini dell’ArchitectsParty 2012.

Spoleto | Freedom Room di Aldo Cibic

Freedom Room è un progetto sviluppato da Aldo Cibic, Tommaso Corà, Marco Tortoioli Ricci in collaborazione con il carcere di massima sicurezza di Spoleto e Co.mo.do. una cooperativa che dal 2003 ha cominciato le sue attività educative nel carcere per formare figure professionali nei campi del design della grafica e dell’editoria.

Co.mo.do e Cibic hanno cominciato nel 2009 a collaborare per analizzare le opportunità che il design offriva per migliorare i lavori nel carcere. Una delle premesse da fare è che la maggior parte dei mobili che si trovano nelle prigioni italiane sono prodotte da una falegnameria nel carcere di Spoleto. Lavorando con un gruppo di detenuti addetti alla falegnameria, che in questo caso sono stati dei consulenti del progetto, sono venute fuori nuove idee sull’abitazione a basso costo,  su oggetti che devono essere multifunzionali, su spazi flessibili e adattabili a diversi utilizzi.

La cella in fondo è un modulo spaziale che deve essere più ambienti in uno e così gli oggetti devono per forza di cose essere adattati ad usi differenti. Così è nato il progetto Freedom Room: uno spazio più vivibile concepito per essere compatto e funzionale e adatto ad incontrare nuovi bisogni pur mantenendo la dimensione originale della cella 4×2,7 m. Un punto di partenza per immaginare le nuove celle italiane, ma potrebbe essere il modulo base di un hotel a basso costo, di un ostello della gioventù o di un’abitazione economica. Il primo prototipo di Freedom Room è stato esposto a Milano in Triennale durante la settimana del Salone del Mobile.

Helsinki | Silo 468 di Lighting Design Collective

Silo 468 di Lighting Design Collective guidato da Tapio Rosenius, ha vinto nel 2011 il 1° premio al concorso internazionale di Urban Light Art Installation per l’illuminazione urbana della capitale finnica.

I progettisti hanno convertito un vecchio silos (il n. 468) in un display luminoso ed in un affascinante spazio civico. La luce naturale, il vento e i riflessi di luce dell’acqua circostante caratterizzano i principi dell’idea di light architecture. L’enorme volume in acciaio (36m di diametro e 17m di altezza) è stato perforato da 2012 fori, numero prettamente voluto in memore all’anno in cui Helsinki è stata Capitale del Design nel 2012.

Gli interni sono dipinti di rosso scuro creando un gioco di ombre screziate e dinamiche. Di notte 1.250 LED bianchi vengono controllati da un software che crea un sistema di particelle che simula il movimento del volo degli uccelli, degli insetti o dei pesci. Un’animazione d’effetto necessariamente imprevedibile con una serie di movimenti leggeri che danno allo spettatore una rappresentazione visiva delle percezioni meteorologiche nella città.

Marsiglia | Cité Radieuse di Ito Morabito

Nel 1951 Le Corbusier completò la sua celebre “unite d’habitation” marsigliese, la Cité Radieuse: un imponente sistema abitativo di 337 appartamenti la cui forma evoca un gigantesco piroscafo urbano ancorato in un parco.

Nel 2010 il designer marsigliese Ito Morabito in arte Ora-Ïto – celebre per i suoi lavori con Renault, Louis Vuitton, Swatch, Adidas – ha rilevato la terrazza della Cité Radieuse trasformandola in un centro d’arte contemporanea. Dopo 3 anni di lavoro Ora-Ïto e lo Stato francese hanno riportato la struttura alla forma originale, progettata da Le Corbusier e poi, rimaneggiata nel corso degli anni ’50.

Lo spazio sarà la sede del MAMO, un centro d’arte contemporanea con un caffè, un negozio e una residenza per gli artisti. Il nome richiama le iniziali di Marseille Modulor, ma è anche un omaggio al MoMA di New York, che ha in programma un’importante retrospettiva sull’architetto svizzero: “Le Corbusier: un atlante del paesaggio moderno”. Il MAMO verrà inaugurato a giugno 2013 in occasione delle celebrazioni di Marsiglia come capitale della cultura 2013, con la mostra dello scultore Xavier Veilhan che realizza installazioni architettoniche site-specific.

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