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Carlos Motta: sostenibilità e recupero

Nello scorso settembre, presso la galleria di Manhattan ESPASSO ha debuttato l’ultima sedia da pranzo dell’architetto e designer  Carlos Motta:  ” Havaianas” nell’ambito della mostra “Used and Reused Wood: Furniture by Carlos Motta”.

La sedia, commissionata dal celebre produttore di sandalo infradito piu’ famoso, usato e copiato al mondo, oggetto icona brasiliana nato nel 1962, in in legno freijó, ha in comune con le scarpe l’uso della stessa gomma aderente, con un manico in gomma nella parte posteriore. Motta, appassionato surfista e pescatore che ha tratto dal mare tutta l’ispirazione per le sue creazioni, è un fervido sostenitore dei temi di sostenibilità e responsabilità sociale. 

Modernismo barocco in Brasile

Nel campo della architettura il brasile ha una grande eredità modernista che si è però intrecciata con numerose altre culture. La versione brasiliana è molto piu barocca ed esuberante, un linguaggio in cui si sono fuse molte influenze dalle tecniche costruttive locali all’architettura coloniale, all’eredità dell’international style. Mi vengono in mente le meravigliose ville di Marcio Kogan come la Paraty house che si è aggiudicata il wallpaper design award 2010 nella categoria best houses.

Pensiamo anche alle fantasiose architetture di Ruy Ohtake così come possiamo citare Fernando de Mello Franco, Marcelo Ferraz prima collaboratore di Lina Bo Bardi , Angelo Bucci di SPBR o Marcos Acayaba per non parlare di già affermati come Paulo Mendes da Rocha o il grande vecchio Niemeyer 102 anni.

Ne ha compiuti invece cinquanta la giovane città di Brasilia. Tutti anche i non addetti ai lavori avranno sentito parlare delle nuova capitale brasiliana pianificata negli anni sessanta del secolo scorso con un grandioso piano urbanistico ad opera di Lucio Costa e Oscar Niemeyer suo architetto icona e il grande paesaggista Roberto Burle Marx come architetto del paesaggio oltre ad ospitare altri edifici dei migliori architetti dell’epoca.

Athos Bulcão che viene con Niemeyer a lavorare a Brasilia, è il più misconosciuto tra loro, ma è stato autore di textures grafiche per gli edifici, sottili e raffinate e con una sensibilità gioiosa. Oggi, con una popolazioni di piu di due milioni e mezzo di abitanti e ormai riconosciuta dall’unesco patrimonio dell’umanità, la città festeggia il suo mezzo secolo.

Una Brasiliana in casa…

Anche la cultura visiva brasiliana è un mix dinamico di high and low culture, arte e arti applicate, essendo la società stessa brasiliana una fonte di ispirazione continua a cui attingere per molti artisti e designers. Esempio è la sedia Favela dei Fratelli Campana, i quali tra l’altro hanno quest’anno lanciato una linea di vasi “spaventosi” con animali come serpenti lucertole e ragni chiamati fossili, battezzata anche come “trauma collection”. I famosi fratelli,  insigniti anche del titolo di designer dell’anno nel 2008, sono solo la punta dell’iceberg di una vivace scena di designers, come il duo di san Paolo Estudio Manus con oggetti irriverenti e un po’ dadaisti come la loro  tazza di porcellana con le orecchie.

Il Brasile è finalmente entrato anche al Moma design store  con una collezione che comprende oggetti di designer sia già famosi che emergenti, come gli anelli di Francesca Romana Diana che  ricordano I marciapiedi di Copacabana e Ipanema e la silhouette delle montagne locali. Ci sono poi anche alcuni pezzi storici come gli sgabelli  Mocho di Sergio Rodrigues, un progetto del 1954 che reinterpreta i tradizionali sgabelli della mungitura in legno di eucalipto : un oggetto dal design semplice e ancora accattivante. Sergio Rodrigues è un iconico designer e architetto brasiliano che quest’anno celebra il rilancio della sua sedia  “Chifruda”. Per tornare ai giovani, la designer Patricia Naves l’abbiamo già vista quest’ anno al salone del mobile nella mostra Brazil faz design; ha appena lanciato la sua linea OITI (miei preferiti i suoi sottopentola a forma di toast…).

Mauricio Arruda  progetta mobili con i cassetti ricavati da cartoni del latte. Revale è invece un progetto dello studio Design simples che cerca di migliorare le condizioni di vita e lavoro delle cooperative Unindo Forças che lavorano il legno nella Vale do Sol. Con  l’idea di far si che i loro prodotti possano competere con beni di più alta qualità lo studio ha progettato degli oggetti di arredo con i loro materiali di lavoro riciclando ad esempio i bancali di legno.

Il Brasile sulla cresta dell’onda

Niteroi Contemporary Art Museum, Rio de Janeiro

Brasile fucina di nuovi talenti creativi.Già da qualche anno il Brasile ha portato alla ribalta numerosi talenti nel campo dell’architettura del design e della moda. Non è un caso che lo scorso anno nella capitale olandese  del design e dell architettura Rotterdam si sia deciso di celebrare questa nouvelle vague brasiliana con una grande mostra Brazil Contemporary.

Contemporary Art, Architecture, Visual Culture and Design che si è dipanata tra le tre  più importanti sedi museali della città: il  Nai istituto di archtettura e design, il museo di arte contemporanea Bojmans van Beuningen e il museo di fotografia.  L’evento voleva offrire più di uno sguardo veloce sulla dinamica cultura brasiliana  in un cocktail che comprendesse arti visive,architettura, cinema, video, fotografia e design .

Con una delle quattro metropoli più  grandi al mondo San Paolo, la cultura contemporanea brasiliana è riconosciuta come una delle più vivaci dove l’arte e l’artigianato vanno a braccetto.  

Quando l’architettura è donna

L’irachena Zaha Hadid, classe 1950 e prima donna a vincere, nel 2004, il Premio Pritzker, accetta una nuova sfida: 880 mq per la nuova Galleria, Serpentine Sackler Gallery, a Londra. L’ampliamento della principale galleria Serpentine, deve il nome al dottor Mortimer e Theresa Sackler Foundation, autore della più grande singola donazione di denaro per la Serpentine nei suoi 40 anni di storia.

La nuova avvincente sfida, a pochi mesi dall’inaugurazione del Maxxi, immensa casa del centro delle arti contemporanee di Roma, arricchirà ancora di più il curriculum di una delle più affascinanti personalità al femminile dell’architettura mondiale, da anni ormai protagonista di moltissimi progetti ultranoti. La Serpentine, che esporrà opere di artisti e architetti meno noti, dovrebbe essere aperta gratuitamente al pubblico entro le Olimpiadi di Londra 2012.

Libreria o ristorante?

Mix di stili e ottima cucina per lo Strand Restaurant, il nuovo American Bistro del noto Strand hotel , ubicato nel cuore di New York, in zona Midtown, nei pressi dei luoghi di maggior interesse della metropoli : Macy’s, Bryant Park e Empire State Building. Nelle vicinanze si trovano anche Times Square e il Madison Square Garden. Curato da un team di tre chef con una certa esperienza nel competitivo panorama della ristorazione a NYC, ha messo a punto un classico menù bistro sia a pranzo che a cena. Meno classico invece l’arredo interno curato dal designer NYC Chris Smith, che prevede un grande camino, un inaspettato acquario e opere dai colori accesi e contrastanti. Il salone panoramico e bar è un’oasi urbana tra i palazzi di cemento ed offre ai visitatori l’opportunità di rilassarsi e ammirare lo skyline mozzafiato di New York City.

Archeologia industriale a Shanghai

Inaugurato nel luglio del 2010, come evocato dallo stesso nome, l’Hotel Waterhouse è un ex magazzino nell’area portuale di Shanghai, utilizzato come quartier generale dell’esercito giapponese negli anni ’30, che oggi riprende vita in forma di uno splendido boutique hotel nella metropoli asiatica.
Non è un restauro e non è nemmeno un restyling: questo ampio spazio, dai connotati di magazzino, è protagonista di un’operazione di connessione stilistica e temporale ad opera dello studio Neri & Hu Ricerca e Design Office (NHRDO), che ormai ha preso piede nel centro di Shanghai e che mira alla riunificazione della zona moderna con la zona storica della città.
Il risultato è una spazio estremamente suggestivo che a volte risulta addirittura straniante, con le 19 camere, tutte diverse tra loro, lo spazio ristorante, e il continuo sovvertire area pubblica e area privata grazie alle vaste aperture e all’arredo, che mescola pezzi di design (Antonio Citterio e Kana Ishikawa, Arne Jacobsen e Hans Wegner) e pezzi vintage e di antiquariato.
L’ivolucro esterno ha conservato quasi ovunque il cemento originario con interventi di acciaio che rimandano alla funzione orginale dell’area industriale.

La stanza diventa città….e viceversa

La prima sede sperimentale o progetto pilota che dir si voglia di Town@House Street è ubicata a Milano all’interno di uno spazio commerciale, al piano terra di via Castel Morrone 7 – ang. Via Goldoni, dove sono collocate le prima 4 unità di quattro PHS ossia Permanet Hospitality Space, a livello della strada e completamente informatizzate, ed è stata inaugurata il 14 aprile 2010 nell’ambito del Milano Design Week 2010.
Il progetto in realtà ha un respiro molto più ampio in quanto riguarda le più grandi metropoli del mondo e si occupa di riqualificazione di spazi urbani dismessi e gestione della città. L’idea, come affermato dallo stesso architetto Simone Micheli, creatore del progetto, è di evitare ai viaggiatori la sensazione di solitudine ed estraneità degli hotel classici e invece creare “dei luoghi estremamente evocativi, funzionali, coinvolgenti, capaci di divenire veri e propri manifesti di un nuovo modo di pensare al mondo dell’ospitalità, di un nuovo modo di concepire il rapporto tra la dimensione della ricettività e la città.”
Town@house street coinvolge circa 1000 imprenditori che, mettendo a disposizione il loro store trasformato in casa, nonostante tutte le caratteristiche di confort di un hotel lusso, sposano l’idea di Alessandro Rosso di scardinare lo stereotipo dell’albergo classico, scegliendo spazi che hanno un affaccio diretto sulla strada e sulla città in movimento.

Quel geniaccio di Larsen

Henning Larsen nasce nel ’25 in Danimarca, si laurea a Londra nel ’52. Nel ’59 fonda il suo studio l’Henning Larsens Tegnestue A/S a Copenhagen, che diventa in breve uno dei più grandi della nazione grazie alla presenta degli oltre 100 collaboratori. Tra le numerose opere realizzate nel corso degli anni le più note di certo sono l’edificio del Ministero degli Affari esteri di Riyadh (1984), in Arabia Saudita (Premio Aga Khan per l’Architettura nell’89) e lOpera House di Copenhagen (2004) sulla “Dock island”, inaugurata nel 2005, vero vanto del progettista soprattutto per l’uso dei materiali naturali, pietra, graniti, acciaio e vetro. Sempre Larsen è il vincitore del concorso per la realizzazione dell’acquario cittadino a Batumi, in Georgia. Il Progetto, ribattezzato “i Ciottoli di Larsen” che occuperà una superficie di circa 2.000 metri quadrati, riproduce visivamente i caratteristici ciottoli del Mar Nero, enormi formazioni rocciose tipiche della spiaggia di Batumi.
L’ultima gioiello dello Studio è la Scuola di architettura ubicata nell’Arts Campus a Umeå, in Svezia, che unita all’ Accademia di Belle Arti e al Museo d’Arte, sarà il fiore all’occhiello nel 2014, anno in cui la città sarò capitale europea della cultura. L’edifico è scandito ritmicamente da una serie di aperture regolari e squadrate che creano intervalli nella lineare facciata di larice. L’interno, prevalentemente bianco con spazi rivestiti in betulla locale e ampie vetrate, gode di abbondante luce naturale e di una spettacolare vista sul fiume della città, grazie alla invidiabile posizione della struttura, sorta in un ex sito industriale. Il genio e la creatività dello studio si esalta nella sequenza di scale e spazi aperti sui vari livelli, che partecipano in modo sostanziale al raggiungimento del principale obbiettivo dei progettisti: ottenere uno spazio aperto di scambio culturale e unione di varie arti.

Per comode passeggiate: Kobi Levi

Qui in ufficio parlavamo oggi del brutto tempo e delle giornate che si accorciano, c’è meno luce e siamo tutte, visto che siamo quasi tutte donne, più tristi. Quando le giornate nere imperversano e l’umore va sotto i piedi…… cosa c’è di meglio di un pò di sano shopping? E chi di noi/voi rinuncerebbe ad un vero pezzo di design nel proprio guardaroba? Per fortuna ci viene incontro un “folle” della progettazione di calzature, Kobi Levi, che con il suo bel diplomino all’Accademia di Bezalel di Arte e Design a Gerusalemme, e dopo un pò di esperienza come freelance presso aziende israeliane ed internazionali, si è dedicato a rendere reali le sue visioni, vale a dire “scarpe scultura” parecchio fuori dall’ordinario: dalla banana sbucciata che ci ricorda tanto la copertina del famoso 33 giri disegnato da Andy Warhol, alla scarpa fionda, ma anche la scarpa cagnolino e la scarpa che calpesta il chewing gum. I suoi “capolavori” sono stati esposti in diverse mostre nel mondo, Tel Aviv, Gerusalemme, Tokyo, Verona, Berlino, St.Etienne. Negli ultimi 5 anni ha collaborato con l’azienda Skinfootwear e sta attualmente lavorando alla sua propria linea di scarpe da uomo a Tel-Aviv. Le sue creazioni sono tutte realizzate a mano nel suo studio e il suo impegno nella realizzazioni delle opere, a suo dire, è la chiave della riuscita del progetto. Certo magari non sono adattissime ad un tailleur blu ma….come rinunciarci?

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